Altri nuovi arrivi per la nostra sezione di cd musicali!
River : the joni letters / Herbie Hancock
Un disco per celebrare la figura, la musica e le parole di Joni Mitchell. Così Herbie Hancock, leggendario tastierista jazz, ha deciso di omaggiare la cantautrice per eccellenza, uno dei simboli della musica al femminile.
“River: the Joni letters” è un lavoro composto da dieci episodi nei quali Hancock rilegge in chiave jazz-rock otto brani della Mitchell, di cui due strumentali: “Both sides now” e “Sweet bird”. Gli altri due episodi, anch’essi strumentali, sono firmati da Wayne Shorter (“Nefertiti”) e dallo stesso Hancock (“Solitude”).
Al progetto hanno aderito voci di grande calibro, nomi come Norah Jones (“Court and spark”), Tina Turner (“Edith and the kingpin”), Corinne Bailey Rae (“River”), la stessa Joni Mitchell (“The leaf prophecy”), la brasiliana Luciana Souza (“Amelia”) e Leonard Cohen (“The jungle line”).
“River” è stato registrato con l’ausilio dello stesso Wayne Shorter al sassofono, Dave Holland al basso, Vinnie Colaiuta alla batteria e Lionel Loueke alla chitarra. (rockol)
Castaways and cutouts / The Decemberists
Castaways And Cutouts riesce pienamente a convincere, con la sua varietà di umori e, allo stesso tempo, la sua precisa identità stilistica (elemento distintivo di tutti i grandi album), che lo rendono come il disco fondamentale all’interno della discografia dei Decemberists (accompagnato dall’ ep d’esordio), oltre che un acquisto obbligatorio per gli appassionati del pop più ricercato ma comunque dall’alto tasso melodico. Sono veramente pochi i dischi che riescono a farti sognare ed emozionare sia con i testi che con la musica. Da questo punto di vista, Castaways… è un centro pieno, un’avvincente raccolta di racconti musicati, ed un’evocativa collezione di canzoni letterarie. E poi quella copertina… (sentireascoltare)
In an expression of the inexpressible / Blonde Redhead
In An Expression Of The Inexpressible (1998), che segna l’inizio della collaborazione con Guy Picciotto dei Fugazi. Le chitarre stridule di Makino e di Amedeo Pace, i ritmi sghembi di Simone Pace costruiscono un vortice di tensione, in cui però si infilano anche riferimenti a colonne sonore anni ’60 (“Luv Machine”), sprazzi da cocktail lounge (“Missile ++”), temi western rivisitati in salsa progressive (“Futurism vs Passeism Part 2”). La matrice noise-rock viene insomma elaborata attraverso una serie di trucchi, che si fondano soprattutto su dissonanze e riff di chitarra, oltre che sulle urla isteriche di Makino. Uno stile che sfugge alle definizioni. “Non siamo no wave, né tantomeno avant-pop – sostiene la cantante giapponese -. La nostra musica tende a raggiungere lo stato di bellezza e di estasi. Partendo dal punk-rock, tracciamo delle linee melodiche dolci che esplodono in irruzioni di violenza. Sia la musica che l’uso della mia voce tendono ad enfatizzare la nostra ricerca del bello, senza le barriere dei generi”. Una ricerca a tutto campo, insomma, come confermano anche i gusti di Kazu, che spaziano dai Pil a Lucio Battisti, che definisce “un cantante proto-punk”. (ondarock)
Oh, inverted world / The Shins
Viene dal New Mexico ma è zeppo di California (in fondo c’è solo l’Arizona di mezzo); viene dal 2001 ma pullula di 66, 67, 68 e 69 (nuovo sogno dorato, soprattutto quest’ultimo); ha un appeal lo-fi ma invece c’è, c’è molto, diventa onnipresente, è pieno di parole, ma la forza che le aggrega non è il solito aristotelico principio di non contraddizione. “Oh, inverted world” (con accento su “oh”) è un mirabile pastiche surrealista immerso nella sua splendida sintesi di ispirazione vintage e feeling moderno, di organetti cosmici e chitarre disamplificate, di liasons psichedeliche e strascichi beachboysiani. La più degna inaugurazione di questa rubrica dedicata ai dischi su cui vogliamo scommettere, e per i quali iniziamo a lavorare per l’attribuzione di gloria postuma. (indiepop)
Once Again mette a tacere i dubbi iperbolici e le diffidenze, li seda con una overdose di cuore e pathos e delizia il palato con classe magistrale, per un lotto di canzoni che sfidano le altre “leggende”, coeve (poche, a dire il vero…) e lontane nel tempo, con coraggio e cognizione di causa, in virtù di un impasto sonoro che pur memore delle auree miniere Atlantic, Stax e Motown e non disperdendone il naturale calore, guarda in avanti, alla tecnologia con l’anima. (rocklab)
Continuum / music by John Mayer
Un chitarrista di così grandi potenzialità di certo non può resistere al richiamo elettrico e, avvalendosi della partecipazione di due grandi strumentisti come Pino Palladino (al basso) e Steve Jordan (alla batteria), attacca la spina e incide un live. ‘Continuum’ è la sua ultima fatica, ed è un disco che vede un artista ormai decisamente maturo a discapito dell’ancor giovane età. Rispetto al live ‘Try!’ i toni sono decisamente più smussati, preferendo alla distorsione e all’urgenza ritmica soluzioni più intime. (radiobudrio)